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ghiacciaio Ciardoney: BILANCIO 2020 meno estremo
degli anni recenti, ma pur sempre NEGATIVO
(-0,78
m) a causa del CALDO di AGOSTO-SETTEMBRE

Daniele Cat Berro e Luca Mercalli, SMI/Redazione Nimbus
19 settembre 2020

 

Giovedì 17 settembre 2020 la Società Meteorologica Italiana ha eseguito le misure di bilancio di massa e variazione frontale al Ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso), grazie all'appoggio logistico e operativo di IREN Energia e dell’Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso, nell'ambito delle regolari campagne di osservazione sulle Alpi promosse dal Comitato Glaciologico Italiano.


17 settembre 2020, ore 9: l'équipe SMI percorre il ghiacciaio Ciardoney per rilevare le perdite di spessore glaciale alle paline ablatometriche e compiere le consuete osservazioni della situazione glaciologica.


Al sopralluogo del 3 giugno 2020 si erano riscontrati spessori di neve tra 280 cm (settore mediano) e 435 cm (Colle Ciardoney), equivalenti a un accumulo complessivo sul ghiacciaio di 1510 mm d'acqua, valore non distante dalla media 2012-2019 (circa 1600 mm) grazie alle copiose nevicate di novembre 2019 e nonostante la successiva siccità invernale e primaverile.

Con la relativa frescura di giugno (anomalia -0,3 °C rispetto al trentennio 1981-2010 all'osservatorio storico di Moncalieri) la fusione estiva si è avviata con una certa lentezza, tanto che durante una missione intermedia del 21 luglio 2020 il ghiacciaio era ancora completamente innevato. Ma poi l'intensificarsi del caldo a partire da fine luglio 2020 (Tmax 16,1 °C il 29 e 31 luglio alla stazione meteorologica a 2850 m) ha ancora avuto il tempo di fondere quasi tutta la neve stagionale esponendo alla radiazione solare di fine estate la quasi totalità della superficie glaciale (vedi nel grafico sotto le statistiche di lungo periodo sul caldo dell'estate 2020).

Rispetto ad altri anni recenti i temporali che hanno dilavato il ghiacciaio, contribuendo in parte alla fusione del ghiaccio, sono stati meno numerosi e intensi: segnaliamo tuttavia quello del 12 agosto 2020 (14,6 mm di pioggia caduti in 30 minuti con temperatura di 7 °C).

Al passaggio di un fronte freddo all'alba del 30 agosto, circa 5 cm di neve fresca hanno imbiancato il ghiacciaio e, insieme al primo benché effimero raffreddamento di fine stagione (Tmin -0,9 °C al mattino del 31), per 2-3 giorni hanno interrotto la fusione, che tuttavia è presto ripresa a inizio settembre proseguendo in maniera anomala almeno fino alla data in cui scriviamo (18 settembre).


Serie delle temperature medie del quadrimestre giugno-settembre, rappresentative del periodo di ablazione glaciale, all'osservatorio SMI di Moncalieri-Collegio Carlo Alberto.
Il valore del 2020, provvisoriamente stimato in base alle temperature effettivamente registrate fino al 18 settembre, e a quelle previste entro fine settembre, si colloca sui
24,3 °C, 1,5 °C sopra la media del trentennio 1981-2010, e in nona posizione tra gli episodi più caldi dal 1864. Dopo un giugno fresco, all'anomalia hanno contribuito soprattutto i calori della seconda metà dell'estate. Si noti come tutti i precedenti più caldi del caso del 2020 siano avvenuti dal 2003 in poi. Ovvero, fino al 2002, il periodo giugno-settembre 2020 sarebbe stato da record !
 

L'arrivo al Colle Ciardoney, alle 8,15 del 17 settembre 2020, con l'elicottero della ditta di elitrasporti AirGreen, già impegnata nei dintorni in lavori agli impianti idroelettrici
IREN Energia (f. Luca Mercalli).


Colle Ciardoney, ore 8,30 del 17 settembre 2020: cielo sereno in situazione anticiclonica e tardivamente estiva, con isoterma 0 °C a 3700 m sulle Alpi occidentali. Nella notte, tuttavia, a causa dell'intenso irraggiamento superficiale sotto il cielo stellato, la superficie della poca neve residua in prossimità del colle (3100 m) è rigelata nonostante l'aria soprastante fosse a temperatura positiva (minima di 3,7 °C alla stazione meteorologica presso la fronte del ghiacciaio, 2850 m).


Dei 435 cm di neve invernale misurati al sopralluogo del 3 giugno 2020 in corrispondenza della palina n. 1 al Colle Ciardoney rimaneva un modesto strato di 10 cm.
Qui nel 2019 la calura estiva aveva asportato 1,2 m di spessore glaciale: 1 m fino alla data del sopralluogo del 13 settembre 2019, e altri 20 cm in seguito, entro la prima nevicata successiva, ablazione che però si è potuto rilevare solo quest'anno.
Stavolta (estate 2020) è andata leggermente meglio, ma già a pochi metri di distanza, e praticamente su tutto il resto del ghiacciaio, affiorava il ghiaccio scuro e "vecchio". Dunque solo in una piccolissima porzione all'estremità superiore del ghiacciaio la situazione era pressoché in equilibrio (fusione estiva pari alle nevicate invernali), negativa altrove (fusione superiore alle nevicate).




Come già altre volte, sulla superficie del ghiacciaio si sono osservate foglie trasportate dal vento dai boschi almeno 1500 m più in basso (in questo caso: genere Alnus),
forse in occasione di burrasche autunnali.
 



Il settore superiore del ghiacciaio, con la piccola zona rimasta coperta da circa 10 cm di neve residua presso il Colle Ciardoney, ripreso dal margine sinistro orografico, alla base delle rocce sotto al Colle di Valeille.
 

Luca Mercalli e Fulvio Fornengo rilevano la sporgenza dal ghiaccio della palina n. 3,
nel settore mediano del ghiacciaio: qui la perdita di spessore rispetto al rilievo precedente (13 settembre 2019) è stata di 205 cm, valore massimo di tutto il ghiacciaio.




Luca Mercalli con Nicola Brizzo (a sinistra), responsabile degli impianti idroelettrici di IREN Energia, azienda che (dapprima come AEM Torino, poi IRIDE, dunque IREN) da un trentennio sostiene l'équipe SMI nel programma di monitoraggio del Ciardoney, facilitando la logistica e i trasporti di personale e attrezzature.


Daniele Cat Berro (SMI) durante le misure alla palina n. 3 (f. Luca Mercalli).


L'entità delle perdite di spessore glaciale alle singole paline ablatometriche, rispetto
al 13 settembre 2019, è stata dunque la seguente:

1. (Colle Ciardoney, circa 3100 m): -20 cm, fusione avvenuta però a inizio autunno 2019, dopo la data del sopralluogo (13 settembre) ed entro la prima nevicata significativa (15 ottobre 2019). Nell'estate 2020 in questo punto alla sommità del ghiacciaio non c'è stata fusione di ghiaccio.

2.
(circa 3050 m): -76 cm

3. (circa 3000 m): -205 cm

4. (circa 3000 m): -113 cm (posizione più ombreggiata, scomparsa tardiva della neve)

6. (circa 2950 m): -185 cm

(palina n. 5 non più presente da svariati anni; palina n. 7 fuoriuscita completamente a fine estate 2019 e non più sostituita a causa dell'imminente esaurimento del ghiaccio in quel settore, prossimo ormai alla fronte)

Riferite all'area delle rispettive sottozone di pertinenza di ciascuna palina (vedi cartografia più in basso), si calcola che tali perdite di spessore equivalgano sull'intero ghiacciaio a un bilancio netto di -0,78 m di acqua equivalente: un valore meno estremo rispetto alla media dei precedenti 28 anni di misure (-1,3 m) e soprattutto a varie annate recenti particolarmente negative (circa -2 m nel 2012, 2015 e 2016), ma pur sempre, e ancora una volta, sfavorevole.

Considerata l'area totale di 0,51 km2 (aggiornamento 2019 tramite topografia da drone), ovvero circa 510.000 m2, ciò corrisponde a una perdita netta di

510.000 m2 x 0,78 m =  circa 400.000 m3 di ghiaccio.

Come di consueto questi dati alimenteranno il data base internazionale del World Glacier Monitoring Service di Zurigo, all'interno del quale quella del Ciardoney rappresenta una delle serie di bilancio di massa tra le più lunghe e rilevanti al mondo (i dati vengono regolarmente pubblicati sul periodico Global Glacier Change Bulletin).




Serie delle misure di accumulo invernale, ablazione estiva e bilancio di massa netto.
Il valore complessivo di bilancio di -0,78 m di acqua equivalente della stagione 2019-20
è il meno negativo dalle stagioni 2012-13 (-0,69 m) e 2013-14 (-0,56 m), ed è
meno sfavorevole della media dei 28 anni di osservazione precedenti
(-1,3 m). Tuttavia, per quanto meno estrema quest'anno, la tendenza negativa continua, e il bilancio cumulato dal 1992 è ormai di -38 m
(clicca sul grafico per ingrandire).
 



Dettaglio della serie del bilancio di massa netto (ghiaccio perso ogni anno
nell'insieme del ghiacciaio, espresso come "lama" d'acqua media, in m).
La media di tutta la serie di misura (29 anni) è pari a -1,31 m/anno, ma nel tempo si è aggravata, da -1,03 m/anno nel periodo 1992-2002 a -1,48 m/anno nel 2003-2020. Solo nella stagione 2000-01, grazie a un inverno molto nevoso e a un'estate non troppo calda, si osservò un bilancio lievemente positivo (+0,16 m)
(clicca sul grafico per ingrandire).
.

Grazie al rilievo topografico da drone eseguito il 13 settembre 2019 (Imageo Srl e Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino) è stato possibile aggiornare il dato di superficie totale del ghiacciaio (0,51 km2) e quello delle sottozone assegnate a ciascuna palina ablatometrica, ripartendole in modo più coerente con l'esposizione alla fusione in base a quanto riscontrato nel periodo 2010-2019 tramite bilancio geodetico (abbassamento di quota di ogni punto della superficie glaciale rilevato con GPS differenziale): fusione meno intensa nella fascia attribuita alla palina 1 del Colle Ciardoney a causa della quota più elevata, della posizione ombrosa e/o con spessa copertura detritica (fascia verde scuro che si estende anche sotto le pareti delle Uje di Ciardoney); fusione più intensa nelle sottozone a quota inferiore, in esposizione soleggiata e con superficie glaciale libera da detrito, dunque più esposta alla radiazione solare (fasce verde chiaro, giallo e arancio delle paline 3-4, 6 e 7, quest'ultima tuttavia ormai caduta e non più sostituita). I valori all'interno di ciascuna sottozona in carta indicano l'area in m2. Questa nuova ripartizione permette una più precisa stima del bilancio di massa.
 



L'unico "mulino" (o pozzo) glaciale attivo visibile quest'anno nel settore mediano del ghiacciaio, alimentato dall'acqua di fusione che scorre in una delle bédières
(sinuosi torrenti che incidono la superficie del ghiacciaio). In stagioni di fusione molto intensa, dunque di ruscellamento superficiale ancor più abbondante rispetto all'estate 2020, si osservano talora 3-4 mulini in questa zona, attivi o in parte relitti (ovvero abbandonati dal reticolo idrografico che li genera).
 



Proseguendo lungo il pendio inferiore verso la fronte le bédières via via si approfondiscono raccogliendo crescenti apporti di acqua di fusione, e incidendo il ghiaccio anche per 1,5-2 m.


Nicola Brizzo sul bordo della principale bédière drenante il deflusso superficiale di fusione del settore inferiore del ghiacciaio.


La fronte del ghiacciaio Ciardoney, a quota 2900 m, cosparsa di detrito tendente ad aumentare di anno in anno, tuttavia in questo tratto ben riconoscibile e pertanto misurabile (più a Sud il margine del ghiacciaio è invece occultato dai detriti, e i segnali di misura frontale sono stati abbandonati da alcuni anni).


Luca Mercalli e Fulvio Fornengo rilevano con cordella metrica la distanza del margine frontale dal segnale di riferimento A4F (27,5 m, rispetto ai 21 m di un anno prima, dunque ritiro di 6,5 m).


Il regresso annuo di 6,5 m ha portato a ben 473 m circa il ritiro complessivo
dalle prime misure del 1971
(clicca sul grafico per ingrandire).



Terminate le operazioni, un vistoso crollo di roccia si verifica sulla parete soprastante in sinistra orografica (Cime di Valeille): il materiale franato non raggiunge il ghiacciaio, in ogni caso è tramite episodi di questo genere - cui in parte contribuiscono la deglaciazione e lo scongelamento del permafrost - che, anno dopo anno, la copertura di detriti sul ghiacciaio aumenta.


Luca Mercalli "rinfresca" il primo segnale stabilito nel 1971 dall'operatore CGI
Gianpaolo Ravarino per le misure di variazione frontale.


All'epoca il margine del ghiacciaio si collocava ad appena 15 m dal blocco roccioso, nella posizione in cui si trova, a destra nell'immagine, Luca Mercalli.
Oggi, mezzo secolo dopo, ne dista quasi 500 metri!


La vegetazione periglaciale avanza e anno dopo anno si insediano nuove specie caratteristiche degli ambienti detritici d'alta montagna (tra cui linarie, artemisie, sassifraghe, silene...): qui un esemplare del genere Adenostyles sul substrato, ormai piuttosto stabilizzato, delle morene abbandonate dal ghiaccio probabilmente intorno agli Anni Quaranta del Novecento.
 

Primi segni dell'autunno sulla vegetazione periglaciale
(esemplare del gruppo dei salici nani).


In tarda mattinata il gruppo impegnato con le misure glaciologiche raggiunge il resto dell'équipe al lavoro alla stazione meteorologica per la manutenzione e il miglioramento della connettività internet dedicata alla trasmissione su web di dati e immagini webcam (Diego Marzo, Riccardo Chiotti, Stefano Annese).


L'elettricista Diego Marzo e il tecnico ICT (Information and Communication Technologies) Stefano Annese (ErreElleNet) durante i test di connettività radio-internet.
 

La stazione meteorologica automatica Campbel, sempre perfettamente operativa a ormai dieci anni dall'installazione (agosto 2010). Le recenti avarie hanno riguardato solo la trasmissione dei dati a valle in tempo reale, ma gli apparecchi hanno sempre registrato i dati in locale senza lacune.


L'installazione di una nuova antenna-radio più evoluta (elemento tondo al centro, sotto l'anemometro) e l'ottimizzazione del suo puntamento verso il ripetitore intermedio di borgata Tiglietto in Val Soana - a cura di ErreElleNet - dovrebbe consentire una migliore connettività permettendo la trasmissione di dati meteo e immagini webcam anche anche in condizioni ambientali estreme. Le dimensioni più piccole rispetto all'antenna precedente dovrebbero evitare danni e insidiose rotazioni dell'apparato durante le tempeste di vento ("effetto vela"; una rotazione dell'antenna anche solo di pochi gradi è in grado di far perdere il suo corretto puntamento, con compromissione della connettività radio-internet, come avvenuto a dicembre 2019).


Stefano Annese (ErreElleNet) cura gli ultimi dettagli sugli apparati di trasmissione
prima del rientro a valle.


La consueta ripresa dalla stazione fotografica S2, in corrispondenza della stazione meteo. All'orizzonte, sempre più smagrito e lontano, il ghiacciaio Ciardoney, quasi totalmente sgombro di neve residua ed esposto a fusione.


Ore 12,30: il torrente glaciale lattescente per il contenuto di sottili particelle in sospensione (limo glaciale) nell'acqua di fusione che ancora scorre abbondante nonostante la stagione avanzata. Il  termometro segna 8 °C e il sensore di livello dell'acqua 33 cm, corrispondente a un deflusso dell'ordine di 0,2 m3/s.


Il masso dell'ormai storica stazione fotografica S2, appena "rinfrescata".


Alle ore 13 giunge l'elicottero della ditta Airgreen per il recupero di personale e materiali. Nubi cumuliformi sparse con base elevata (oltre 3000 m) non destano preoccupazione per il rientro a valle verso la centrale IREN di Rosone.


Uno sguardo anche ai ghiacciai di Valsoera, ripresi dal Colle Ciardoney: i minuscoli apparati (il meridionale a sinistra, il settentrionale a destra), ormai pressoché del tutto nascosti dai detriti rocciosi, stavolta appaiono ancora in gran parte coperti da neve residua. Tuttavia nel contesto climatico attuale non basteranno poche e temporanee placche di nevato a cambiare le sorti di questi relitti glaciali in estinzione. La coltre di detrito protegge il ghiaccio sottostante, rallentandone solamente una scomparsa che pare inevitabile.
 

Colle Ciardoney: banchi di neve residua permangono anche nella conca alla base della modesta trasfluenza del ghiacciaio Ciardoney sotto al colle, sul lato Valsoera. Il laghetto quest'anno appare un po' più ampio del consueto (acqua più efficacemente contenuta dalle sponde di neve anziché detritiche).


Il piccolo ghiacciaio di Geri visto dalla stazione meteorologica. Occupa una nicchia a circa 2900 m sotto la parete Nord del Monte Gialin (3270 m), dove resiste grazie alla posizione ombreggiata. Si nota la neve residua dell'inverno 2019-20 (bianco più chiaro, "pulito") sovrapposta a quella della stagione precedente, 2018-19 (bianco più scuro, "sporco" di impurità e detriti). Più a valle il ghiacciaio evolve in un rock-glacier che giunge a lambire, a circa 2600 m, il dosso sui cui giace il Bivacco Revelli.


Veduta più ravvicinata del ghiacciaio di Geri dall'elicottero (ripresa da Ovest a Est, in procinto di sorvolare il Colle di Motta).


Sempre dall'elicottero, la Becca di Gay (3621 m, vetta a sinistra) e la Roccia Viva (3650 m, vetta a destra), lungo la cresta spartiacque Orco-Dora Baltea tra il Vallone di Piantonetto e la Valle di Cogne. La prima delle due è orlata dal ghiacciaio superiore di Gay, quasi a fil di cielo, contrattosi sensibilmente negli anni recenti nonostante la quota elevata (3500 m); la conca al centro ospita le morene del ghiacciaio della Roccia Viva, apparato oggi confinato nella porzione superiore del circo e non visibile nell'immagine.
 

Salvo diversa indicazione, le foto di questo articolo sono di Daniele Cat Berro.


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