Giovedì 17
settembre
2020 la Società
Meteorologica Italiana ha eseguito le misure di bilancio di massa e
variazione frontale al Ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso), grazie
all'appoggio logistico e operativo di
IREN Energia
e dell’Ente Parco Nazionale
del Gran Paradiso, nell'ambito delle regolari campagne di
osservazione sulle Alpi promosse dal
Comitato
Glaciologico Italiano.
17 settembre 2020,
ore 9: l'équipe SMI percorre il ghiacciaio Ciardoney per rilevare le
perdite di spessore glaciale alle paline ablatometriche e compiere le
consuete osservazioni della situazione glaciologica.
Al sopralluogo del
3 giugno 2020 si erano riscontrati spessori di neve tra 280 cm
(settore mediano) e
435 cm (Colle Ciardoney), equivalenti a un accumulo complessivo sul
ghiacciaio di 1510 mm d'acqua, valore
non distante dalla media 2012-2019 (circa 1600 mm) grazie alle
copiose nevicate di novembre 2019 e nonostante la successiva siccità
invernale e primaverile.
Con la relativa
frescura di giugno (anomalia -0,3 °C rispetto al trentennio 1981-2010 all'osservatorio
storico di
Moncalieri) la fusione estiva si è avviata con una certa
lentezza, tanto che durante una missione intermedia del 21 luglio
2020 il ghiacciaio era ancora completamente innevato. Ma poi
l'intensificarsi del caldo a partire da fine luglio 2020 (Tmax
16,1 °C il 29 e 31 luglio alla
stazione meteorologica a 2850 m) ha ancora
avuto il tempo di fondere quasi tutta la neve stagionale esponendo
alla radiazione solare di fine estate la quasi totalità della
superficie glaciale (vedi nel grafico sotto le statistiche di lungo
periodo sul caldo dell'estate 2020).
Rispetto ad altri
anni recenti i temporali che hanno dilavato il ghiacciaio,
contribuendo in parte alla fusione del ghiaccio, sono stati meno
numerosi e intensi: segnaliamo tuttavia quello del 12 agosto 2020
(14,6 mm di pioggia caduti in 30 minuti con temperatura di 7 °C).
Al passaggio di un
fronte freddo all'alba del 30 agosto, circa 5 cm di neve fresca
hanno imbiancato il ghiacciaio e, insieme al primo benché effimero
raffreddamento di fine stagione (Tmin -0,9 °C al mattino del 31),
per 2-3 giorni hanno interrotto la fusione, che tuttavia è presto
ripresa a inizio settembre proseguendo in maniera anomala almeno
fino alla data in cui scriviamo (18 settembre).
Serie delle temperature medie del
quadrimestre giugno-settembre, rappresentative del periodo di
ablazione glaciale, all'osservatorio SMI di
Moncalieri-Collegio Carlo Alberto.
Il valore del 2020, provvisoriamente stimato in base alle temperature
effettivamente registrate fino al 18 settembre, e a quelle previste
entro fine settembre, si colloca sui
24,3 °C, 1,5 °C sopra la media del trentennio 1981-2010, e in
nona posizione tra gli episodi più caldi dal 1864. Dopo un
giugno fresco, all'anomalia hanno contribuito soprattutto i calori
della seconda metà dell'estate. Si noti come tutti i precedenti più
caldi del caso del 2020 siano avvenuti dal 2003 in poi. Ovvero,
fino al 2002, il periodo giugno-settembre 2020 sarebbe stato da record
!
L'arrivo al Colle Ciardoney,
alle 8,15 del 17 settembre 2020, con l'elicottero della ditta di
elitrasporti
AirGreen, già impegnata nei dintorni in lavori agli impianti
idroelettrici
IREN Energia (f. Luca Mercalli).
Colle Ciardoney,
ore 8,30 del 17 settembre 2020:
cielo sereno in situazione anticiclonica e tardivamente estiva, con
isoterma 0 °C a 3700 m sulle Alpi occidentali. Nella notte, tuttavia,
a causa dell'intenso irraggiamento superficiale sotto il cielo
stellato, la superficie della poca neve residua in prossimità
del colle (3100 m) è rigelata nonostante l'aria soprastante fosse a
temperatura positiva (minima di 3,7 °C alla stazione meteorologica
presso la fronte del ghiacciaio,
2850 m).
Dei 435 cm di neve
invernale misurati al
sopralluogo del 3 giugno 2020 in corrispondenza della palina n. 1
al Colle Ciardoney rimaneva un modesto strato di 10 cm.
Qui nel 2019
la calura estiva aveva asportato 1,2 m di spessore glaciale: 1 m fino
alla data del sopralluogo del 13 settembre 2019, e altri 20 cm in
seguito, entro la prima nevicata successiva, ablazione che però si è
potuto rilevare solo quest'anno.
Stavolta (estate 2020) è andata leggermente meglio, ma già a pochi metri di distanza,
e praticamente su tutto il resto del ghiacciaio, affiorava il ghiaccio
scuro e "vecchio". Dunque solo in una piccolissima porzione
all'estremità superiore del ghiacciaio la situazione era pressoché in
equilibrio (fusione estiva pari alle nevicate invernali),
negativa altrove (fusione superiore alle nevicate).
Come già altre volte,
sulla superficie del ghiacciaio si sono osservate foglie trasportate
dal vento dai boschi almeno 1500 m più in basso (in questo caso:
genere Alnus),
forse in occasione di burrasche autunnali.
Il settore
superiore del ghiacciaio, con la piccola zona rimasta coperta da circa
10 cm di neve residua presso il Colle Ciardoney, ripreso dal margine
sinistro orografico, alla base delle rocce sotto al Colle di Valeille.
Luca Mercalli e
Fulvio Fornengo rilevano la sporgenza dal ghiaccio della palina n. 3,
nel settore mediano del ghiacciaio: qui la perdita di spessore
rispetto al rilievo precedente (13 settembre 2019) è stata di 205 cm,
valore massimo di tutto il ghiacciaio.
Luca Mercalli con
Nicola Brizzo (a sinistra), responsabile degli impianti idroelettrici
di IREN Energia, azienda che (dapprima come AEM Torino, poi IRIDE,
dunque IREN) da un trentennio sostiene l'équipe SMI nel programma di
monitoraggio del Ciardoney, facilitando la logistica e i trasporti di
personale e attrezzature.
Daniele Cat Berro
(SMI) durante le misure alla palina n. 3 (f. Luca Mercalli).
L'entità delle
perdite di spessore glaciale alle singole paline ablatometriche,
rispetto
al 13 settembre 2019, è stata dunque la seguente:
1. (Colle
Ciardoney, circa 3100 m): -20 cm, fusione avvenuta però a inizio
autunno 2019, dopo la data del sopralluogo (13 settembre) ed entro
la prima nevicata significativa (15 ottobre 2019). Nell'estate 2020 in
questo punto alla sommità del ghiacciaio non c'è stata fusione di
ghiaccio.
2. (circa 3050 m): -76 cm
3. (circa 3000 m): -205 cm
4. (circa 3000 m): -113 cm (posizione più ombreggiata,
scomparsa tardiva della neve)
6. (circa 2950 m): -185 cm
(palina n. 5 non più
presente da svariati anni; palina n. 7 fuoriuscita completamente a
fine estate 2019 e non più sostituita a causa dell'imminente
esaurimento del ghiaccio in quel settore, prossimo ormai alla fronte)
Riferite all'area delle rispettive sottozone di pertinenza di ciascuna
palina (vedi cartografia più in basso), si calcola
che tali perdite di spessore equivalgano sull'intero ghiacciaio a un
bilancio netto di -0,78 m di acqua equivalente: un valore meno
estremo rispetto alla media dei precedenti 28 anni di misure (-1,3
m) e soprattutto a varie annate recenti particolarmente negative
(circa -2 m nel
2012,
2015 e
2016), ma pur sempre, e ancora una volta, sfavorevole.
Considerata l'area totale di 0,51 km2 (aggiornamento
2019 tramite
topografia da drone), ovvero circa 510.000 m2, ciò
corrisponde a una perdita netta di
510.000
m2 x 0,78 m = circa 400.000 m3 di
ghiaccio.
Come di
consueto questi dati alimenteranno il data base internazionale del
World Glacier Monitoring
Service di Zurigo, all'interno del quale quella del Ciardoney
rappresenta una delle serie di bilancio di massa tra le più lunghe e
rilevanti al mondo (i dati vengono regolarmente pubblicati sul
periodico Global
Glacier Change Bulletin).
Serie delle misure
di accumulo invernale, ablazione estiva e bilancio di massa netto.
Il valore complessivo di bilancio di -0,78 m di acqua equivalente
della stagione 2019-20
è il meno negativo dalle stagioni
2012-13 (-0,69 m) e
2013-14 (-0,56 m), ed è
meno sfavorevole della media dei 28 anni di osservazione precedenti
(-1,3 m). Tuttavia, per quanto meno estrema quest'anno, la tendenza
negativa continua, e il bilancio cumulato dal 1992 è ormai di
-38 m
(clicca sul grafico per ingrandire).
Dettaglio della
serie del bilancio di massa netto (ghiaccio perso ogni anno
nell'insieme del ghiacciaio, espresso come "lama" d'acqua media, in
m).
La media di tutta la serie di misura (29 anni) è pari a -1,31 m/anno,
ma nel tempo si è aggravata, da -1,03 m/anno nel periodo 1992-2002
a -1,48 m/anno nel 2003-2020. Solo nella stagione 2000-01, grazie
a un inverno molto nevoso e a un'estate non troppo calda, si osservò
un bilancio lievemente positivo (+0,16 m)
(clicca sul grafico per ingrandire).
.
Grazie al
rilievo topografico da drone eseguito il 13 settembre 2019 (Imageo
Srl e
Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino) è
stato possibile aggiornare il dato di superficie totale del
ghiacciaio (0,51 km2) e quello delle sottozone
assegnate a ciascuna palina ablatometrica, ripartendole in modo più
coerente con l'esposizione alla fusione in base a quanto
riscontrato nel periodo 2010-2019 tramite bilancio geodetico
(abbassamento di quota di ogni punto della superficie glaciale
rilevato con GPS differenziale): fusione meno intensa nella fascia
attribuita alla palina 1 del Colle Ciardoney a causa della quota
più elevata, della posizione ombrosa e/o con spessa copertura
detritica (fascia verde scuro che si estende anche sotto le pareti
delle Uje di Ciardoney); fusione più intensa nelle sottozone a
quota inferiore, in esposizione soleggiata e con superficie glaciale
libera da detrito, dunque più esposta alla radiazione solare
(fasce verde chiaro, giallo e arancio delle paline 3-4, 6 e 7, quest'ultima
tuttavia ormai caduta e non più sostituita). I valori all'interno di
ciascuna sottozona in carta indicano l'area in m2. Questa
nuova ripartizione permette una più precisa stima del bilancio di
massa.
L'unico "mulino" (o
pozzo) glaciale attivo visibile quest'anno nel settore mediano del
ghiacciaio, alimentato dall'acqua di fusione che scorre in una delle
bédières
(sinuosi torrenti che incidono la superficie del ghiacciaio). In
stagioni di fusione molto intensa, dunque di ruscellamento
superficiale ancor più abbondante rispetto all'estate 2020, si
osservano talora 3-4 mulini in questa zona, attivi o in parte relitti
(ovvero abbandonati dal reticolo idrografico che li genera).
Proseguendo lungo
il pendio inferiore verso la fronte le bédières via via si
approfondiscono raccogliendo crescenti apporti di acqua di fusione, e
incidendo il ghiaccio anche per 1,5-2 m.
Nicola Brizzo sul
bordo della principale bédière drenante il deflusso superficiale di
fusione del settore inferiore del ghiacciaio.
La fronte del
ghiacciaio Ciardoney, a quota 2900 m, cosparsa di detrito tendente ad aumentare di anno in
anno, tuttavia in questo tratto ben riconoscibile e pertanto
misurabile (più a Sud il margine del ghiacciaio è invece occultato dai
detriti, e i segnali di misura frontale sono stati abbandonati da
alcuni anni).
Luca Mercalli e
Fulvio Fornengo rilevano con cordella metrica la distanza del margine
frontale dal segnale di riferimento A4F (27,5 m, rispetto ai 21 m di
un anno prima, dunque ritiro di 6,5 m).
Il regresso annuo
di 6,5 m ha portato a ben 473 m circa il ritiro complessivo
dalle prime misure del 1971
(clicca sul grafico per ingrandire).
Terminate le
operazioni, un vistoso crollo di roccia si verifica sulla parete
soprastante in sinistra orografica (Cime di Valeille): il materiale
franato non raggiunge il ghiacciaio, in ogni caso è tramite episodi di
questo genere - cui in parte contribuiscono la deglaciazione e lo
scongelamento del permafrost - che, anno dopo anno, la copertura di
detriti sul ghiacciaio aumenta.
Luca Mercalli
"rinfresca" il primo segnale stabilito nel 1971 dall'operatore
CGI
Gianpaolo Ravarino per le misure di variazione frontale.
All'epoca il
margine del ghiacciaio si collocava ad appena 15 m dal blocco
roccioso, nella posizione in cui si trova, a destra nell'immagine,
Luca Mercalli.
Oggi, mezzo secolo dopo, ne dista quasi 500 metri!
La vegetazione periglaciale avanza e anno dopo anno si insediano nuove specie
caratteristiche degli ambienti detritici d'alta montagna (tra cui linarie,
artemisie, sassifraghe, silene...): qui un esemplare
del genere Adenostyles sul substrato, ormai piuttosto
stabilizzato, delle morene abbandonate dal ghiaccio probabilmente
intorno agli Anni Quaranta del Novecento.
Primi segni
dell'autunno sulla vegetazione periglaciale
(esemplare del gruppo dei salici nani).
In tarda mattinata
il gruppo impegnato con le misure glaciologiche raggiunge il resto
dell'équipe al lavoro alla
stazione meteorologica per la manutenzione
e il miglioramento della connettività internet dedicata alla trasmissione su
web di dati e immagini webcam (Diego Marzo, Riccardo Chiotti, Stefano
Annese).
L'elettricista
Diego Marzo e il tecnico ICT (Information and Communication
Technologies) Stefano Annese (ErreElleNet)
durante i test di connettività radio-internet.
La stazione
meteorologica automatica Campbel, sempre perfettamente operativa a
ormai dieci anni dall'installazione (agosto 2010). Le recenti
avarie hanno riguardato solo la trasmissione dei dati a valle in tempo
reale, ma gli apparecchi hanno sempre registrato i dati in locale
senza lacune.
L'installazione di
una nuova antenna-radio più evoluta (elemento tondo al
centro, sotto l'anemometro) e l'ottimizzazione del suo puntamento
verso il ripetitore intermedio di borgata Tiglietto in Val Soana - a
cura di
ErreElleNet -
dovrebbe consentire una migliore connettività permettendo la
trasmissione di dati meteo e immagini webcam anche anche in condizioni
ambientali estreme. Le dimensioni più piccole rispetto all'antenna
precedente dovrebbero evitare danni e insidiose rotazioni dell'apparato durante
le tempeste di vento ("effetto vela"; una rotazione dell'antenna anche solo di pochi
gradi è in grado di far perdere il suo corretto puntamento, con compromissione della connettività radio-internet, come avvenuto a
dicembre 2019).
Stefano Annese (ErreElleNet)
cura gli ultimi dettagli sugli apparati di trasmissione
prima del rientro a valle.
La consueta ripresa
dalla stazione fotografica S2, in corrispondenza della stazione meteo.
All'orizzonte, sempre più smagrito e lontano, il ghiacciaio Ciardoney,
quasi totalmente sgombro di neve residua ed esposto a fusione.
Ore 12,30: il torrente
glaciale lattescente per il contenuto di sottili particelle in
sospensione (limo glaciale) nell'acqua di fusione che ancora scorre
abbondante nonostante la stagione avanzata. Il termometro segna
8 °C e il sensore di livello dell'acqua 33 cm, corrispondente a un
deflusso dell'ordine di 0,2 m3/s.
Il masso dell'ormai
storica stazione fotografica S2, appena "rinfrescata".
Alle ore 13 giunge
l'elicottero della ditta
Airgreen per il recupero di personale e materiali. Nubi
cumuliformi sparse con base elevata (oltre 3000 m) non destano
preoccupazione per il rientro a valle verso la centrale
IREN di
Rosone.
Uno sguardo anche ai ghiacciai di Valsoera, ripresi dal Colle Ciardoney: i minuscoli apparati (il
meridionale a sinistra, il settentrionale a destra), ormai pressoché
del tutto nascosti dai detriti rocciosi, stavolta appaiono ancora in
gran parte coperti da neve residua. Tuttavia nel contesto
climatico attuale non basteranno poche e temporanee placche di nevato
a cambiare le sorti di questi relitti glaciali in estinzione. La
coltre di detrito protegge il ghiaccio sottostante, rallentandone
solamente una scomparsa che pare inevitabile.
Colle Ciardoney:
banchi di neve residua permangono anche nella conca alla base della
modesta trasfluenza del ghiacciaio Ciardoney sotto al colle, sul lato
Valsoera. Il laghetto quest'anno appare un po' più ampio del consueto
(acqua più efficacemente contenuta dalle sponde di neve anziché
detritiche).
Il piccolo
ghiacciaio di Geri visto dalla stazione meteorologica. Occupa una
nicchia a circa 2900 m sotto la parete Nord del Monte Gialin (3270 m),
dove resiste grazie alla posizione ombreggiata. Si nota la neve
residua dell'inverno 2019-20 (bianco più chiaro, "pulito") sovrapposta
a quella della stagione precedente, 2018-19 (bianco più scuro,
"sporco" di impurità e detriti). Più a valle il ghiacciaio evolve in
un rock-glacier che giunge a lambire, a circa 2600 m, il dosso sui cui
giace il Bivacco Revelli.
Veduta più
ravvicinata del ghiacciaio di Geri dall'elicottero (ripresa da Ovest a
Est, in procinto di sorvolare il Colle di Motta).
Sempre
dall'elicottero, la Becca di Gay (3621 m, vetta a sinistra) e la
Roccia Viva (3650 m, vetta a destra), lungo la cresta spartiacque
Orco-Dora Baltea tra il Vallone di Piantonetto e la Valle di Cogne. La
prima delle due è orlata dal ghiacciaio superiore di Gay, quasi a fil
di cielo, contrattosi sensibilmente negli anni recenti nonostante la
quota elevata (3500 m); la conca al centro ospita le morene del
ghiacciaio della Roccia Viva, apparato oggi confinato nella porzione
superiore del circo e non visibile nell'immagine.
Salvo diversa
indicazione, le foto di questo articolo sono di Daniele Cat Berro.
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