ghiacciaio Ciardoney (GRAN PARADISO):
EstATE 2016 LUNGA E CALDA, NUOVO FORTE REGRESSO
Daniele
Cat Berro, Luca Mercalli - SMI/Redazione Nimbus
15 settembre 2016
Martedì 13 settembre 2016 il team della
Società Meteorologica Italiana ha coordinato la campagna di misure di
fine estate sul Ghiacciaio Ciardoney,
comprendente la valutazione del bilancio di massa e i rilievi
delle variazioni frontali.
Una missione che ha segnato i trent'anni dall'inizio del
monitoraggio continuativo di questo remoto ghiacciaio del versante
piemontese del Parco
Nazionale del Gran Paradiso, avviato nel settembre 1986 da Luca Mercalli e Fulvio Fornengo.
Un traguardo di grande soddisfazione e rilievo scientifico, reso
possibile in primo luogo dalla collaborazione con IREN Energia
(ai tempi AEM Torino), che ha sempre creduto in questa attività e
facilitato la logistica delle misure mettendo a disposizione i propri
mezzi, dall'elicottero al piano inclinato Telessio-Valsoera.
Martedì 13
settembre 2016, ore 8.30, Colle Ciardoney: si approfitta di una breve
"finestra" di schiarite, dopo i diffusi strati nuvolosi del giorno
precedente, e prima dei nuovi addensamenti attesi da fine mattinata e
di una perturbazione atlantica in avvicinamento. D'altra parte l'estate è
al culmine dei suoi effetti (negativi) sul ghiacciaio,
e non si può
attendere oltre, rischiando che un'eventuale nevicata (giunta
effettivamente oggi, giovedì 15 settembre) nasconda alla
vista i danni dell'ennesima stagione troppo calda
e sfavorevole per il glacialismo alpino.
La ditta
Pellissier Helicopter (Saint-Pierre, Aosta)
trasporta personale
e mezzi sul ghiacciaio.
Nonostante il buon recupero primaverile dell'accumulo nevoso
dopo la siccità di inizio inverno (1290 mm di acqua equivalente, al
sopralluogo del 10 giugno 2016), e un lieve ritardo nell'avvio
della fusione estiva in maggio-giugno, il caldo moderatamente sopra
media di luglio e agosto 2016 e quello eccezionale e tardivo della
prima metà di settembre (4-5 °C in eccesso sulle Alpi occidentali)
ha spogliato tutto il ghiacciaio dalla neve stagionale e indotto
l'ennesimo bilancio di massa pesantemente negativo, pari a -1,8 m
di acqua equivalente e pressoché identico a quello del
2015.
All'ulteriore smagrimento del ghiacciaio è corrisposto anche un netto
ritiro della fronte, in media di 17,8 m ai due segnali di
misura (-26,5 m nel settore sinistro e -9 m in quello
destro).
Dal Colle Ciardoney,
veduta verso i due minuscoli ghiacciai di Valsoera
(bacino dell'Orco): quello meridionale (in fondo a sinistra), è una
ripida placca di ghiaccio in sofferenza ma ancora ben visibile, mentre
quello settentrionale
(a destra) è ormai quasi del tutto nascosto dai detriti che
precipitano
dalla Punta Scatiglion (3407 m). Il laghetto in basso si è mano a mano
ampliato negli anni recenti, a spese della trasfluenza del ghiacciaio
Ciardoney sul lato sud del Colle, quasi completamente scomparsa.
Su tutto il
ghiacciaio, e anche in prossimità del Colle Ciardoney, tutta la neve dell'inverno 2015-16 è stata consumata dal
caldo estivo, ma qui - sul punto più elevato - sono rimasti modesti lembi di nevato
vecchio,
ormai quasi trasformato in ghiaccio, risalenti al
2013 e al
2014, fusi solo
in parte nell'estate
2015. Solamente in questo limitatissimo settore sommitale attorno
a quota 3100 m, dove il vento genera importanti accumuli di neve, la perdita netta di ghiaccio si è interrotta negli ultimi
quattro anni (con un timido guadagno di 5 cm rispetto al settembre
2012), ma il resto del
ghiacciaio
è in forte disequilibrio e riduzione.
Errata corrige bilancio 2014-15: il 15 settembre 2015 la presenza di 30 cm di neve fresca al Colle
Ciardoney non aveva permesso di osservare al meglio tale situazione
locale, l'ablazione su ghiaccio era stata sovrastimata, e il bilancio di massa dell'anno idrologico 2014-15 è stato
ora ricalcolato, "alleggerendolo" lievemente da -1,90 m a -1,83
m di acqua equivalente.
Il marcato
ruscellamento di acqua di fusione ha prodotto incisioni profonde circa
mezzo metro anche in prossimità del Colle Ciardoney.
Appena più a valle
si è aperto un evidente crepaccio trasversale,
avvistato finora solo in pochi anni molto caldi (come il 2003).
Si scende verso il
settore mediano del ghiacciaio, completamente privo di neve e cosparso
di blocchi rocciosi.
Tra le paline
ablatometriche n. 2 e n. 3 erano presenti alcuni "coni" di detrito
accumulato al fondo di vecchie strutture del reticolo idrografico
endoglaciale (mulini glaciali), e portato in superficie dalla
progressiva perdita di spessore del ghiacciaio. Una volta affiorato, il detrito - spesso alcuni centimetri - protegge dalla
fusione il ghiaccio sottostante, che resta così in rilievo rispetto a
quello intorno.
In prossimità della
palina n. 3 erano attivi due principali mulini glaciali, di ampie
dimensioni (apertura 2-4 m), circondati da alcune forme più piccole e relitte, non più alimentate dalle acque di fusione che nei dintorni
scorrevano abbondanti già al primo mattino, dopo un modestissimo
rigelo superficiale notturno.
Ore 10: l'acqua di
fusione già scorre copiosa lungo una bédière
che alimenta uno dei mulini glaciali.
Le
bédières che alimentano i mulini glaciali (video di Luca Mercalli).
A trent'anni dalla
loro prima visita al ghiacciaio del 1986, ecco Luca Mercalli e Fulvio
Fornengo alla palina n. 6, sul pendio frontale: qui l'ablazione
durante l'estate ha asportato ben 285 cm di ghiaccio.
Tenendo presente che, stando alle immagini della webcam, questo
settore di ghiacciaio si è scoperto intorno al 25 luglio 2016, si può
stimare un
tasso di fusione dell'ordine di 5,5 cm di ghiaccio al giorno,
per una
cinquantina di giorni.
La forte fusione
dell'estate 2016 è risultata in un bilancio di massa specifico di
-1,80 m di acqua equivalente, valore in settima posizione tra i peggiori
in 25 anni di misure (dal 1992), e molto simile a quello della
precedente stagione 2014-15 (-1,83 m). Infatti quest'anno
l'alimentazione invernale di neve è stata inferiore al 2014-15, e
nonostante non ci siano state punte estreme di caldo come nel luglio
2015, l'estate è stata insolitamente prolungata, spiegando così
l'analogia con la pessima situazione glaciologica di un anno fa.
Dall'inizio dei rilievi di bilancio la curva cumulata
ha raggiunto i -32,7 m.
Gli accumuli di
frana che si estendono alla base delle pareti settentrionali delle Uje
di Ciardoney, di anno in anno più cospicui al procedere dello
sgretolamento delle masse rocciose dovuto sia all'abbassarsi della
copertura glaciale, sia allo scongelamento del permafrost in
profondità.
La fronte del
ghiacciaio era solcata e incisa da bédières tortuose e profonde fin
oltre un metro e mezzo, testimoni dell'intensa fusione estiva che
sul pendio inferiore si è protratta per quasi due mesi, dalla terza
decade di luglio. Al fondo dei canali si sono individuati anche alcuni
vecchi spezzoni di legno probabilmente della palina n. 7, trascinati
dal flusso d'acqua impetuoso.
Veduta d'insieme
della fronte, digitata e fratturata dai torrenti di fusione
superficiali e subglaciali.
Al segnale "A4D",
in posizione frontale centro-sinistra,
il regresso del margine glaciale è stato di ben 26,5 m.
La situazione del regresso frontale al segnale di misura "A4D"
(video di Luca Mercalli).
Invece al segnale
"A5C" - antistante il settore destro della fronte, protetto dalla
fusione dall'abbondante copertura roccioso-detritica - il ritiro è
stato meno marcato, e pari a 9 m. Presso questo caposaldo di
misura, peraltro sempre meno rappresentativo della reale situazione
del ghiacciaio, il limite del ghiaccio è ancora visibile, ma
probabilmente non lo sarà più nei prossimi anni proprio a causa delle
frequenti frane, e in tal caso verrà abbandonato.
Il regresso medio
ai due segnali, -17,8 m,
porta a 430 m il ritiro cumulato in 45 anni, dal 1971.
La
trasformazione dell'ambiente locale, in trent'anni di regolari
campagne glaciologiche di fine estate, è stata impressionante,
come mostra il confronto tra le fotografie riprese dalla stazione di
riferimento "S2" il 5 settembre 1986
(data della prima salita di Mercalli e Fornengo, dopo che il
ghiacciaio non veniva più controllato dal 1978) e il 13 settembre
2016.
In questo lasso di tempo la fronte si è ritirata di 365 m e la
superficie glaciale si è abbassata di oltre 50 m nel settore
inferiore, che ora si presenta sempre più gracile, concavo e
disseminato di detriti che laddove sono più spessi (in destra) ostacolano
la fusione, ma ove più sottili, ovvero su gran parte del ghiacciaio,
la intensificano a causa del maggiore assorbimento di radiazione
solare da parte della superficie più scura.
Il sopralluogo del 1986 aveva trovato un ghiacciaio ancora in relativa
salute dopo la stasi / breve avanzata degli Anni 1970-80, attualmente
siamo invece di fronte a un relitto in agonia, che forse non ha davanti
che 20-40 anni di vita.
Infatti l'attuale pendio inferiore, a valle del cambio di pendenza
mediano, potrebbe disintegrarsi e scomparire con l'affioramento di
nuove fasce di substrato roccioso nel volgere di un decennio circa, al
proseguire dell'attuale tendenza, dopodiché il ghiacciaio potrebbe
sopravvivere ancora per un po' con la sua porzione più profonda del
settore superiore (localmente oltre 50 m), relegandosi via via
all'ombra delle pareti Nord delle Uje di Ciardoney,
ma sempre più nascosto dai detriti rocciosi.
Nell'immagine, l'asterisco rosso indica il grande masso erratico
deposto alla fronte alla metà degli Anni 1990.
L'asta nivometrica
presso la stazione meteorologica, migliorata con la nuova prolunga
metallica che porta l'altezza totale dal suolo dell'estremità
superiore da 310 cm a 500 cm, garantendo l'esecuzione delle misure
anche in caso di innevamento straordinario. La vecchia prolunga in
legno era stata ripetutamente abbattuta dalle burrasche invernali (f.
Diego Marzo).
Ore 12: l'équipe
dedita alle misure sul ghiacciaio si riunisce con quella che ha curato
la manutenzione della stazione meteorologica (tecnici Diego Marzo e
Chiara Musacchio), in attesa del recupero in elicottero, insidiato dai
folti cumuli che nel frattempo si sono addensati con base attorno a
2800 m.
Ore 12:30, ecco il
"Lama" di
Pellissier Helicopter, pronto per le due rotazioni di personale e
materiali verso valle.
Poco dopo, l'atterraggio alla
centrale idroelettrica
IREN di Rosone,
in atmosfera pienamente estiva: Tmax 27 °C,
6 °C di troppo per la metà di settembre!